martedì 22 ottobre 2024

Quarta Strofa: L'ultimo dei Tre Spiriti



Lo Spettro si avvicinava lento, solenne, silenzioso. Quando gli fu vicino, Scrooge cadde sulle ginocchia, poiché era come se l’aria stessa in cui avanzava spandesse sopra ogni cosa un cupo alone di mistero.


  Era avvolto in una veste più nera del nero, che gli nascondeva il corpo, il volto e la forma, e che lasciava visibile soltanto una mano protesa; se non fosse stato per quella, sarebbe stato difficile individuare la sua figura nella notte e distinguerla dall’oscurità circostante.


  Solo quando gli fu accanto si rese conto della sua altezza e della sua mole imponente, la sua arcana presenza gli incuteva un profondo senso di terrore. Di più non poteva intuire, poiché lo Spirito non parlava e non si muoveva.


  “Sono in presenza dello Spettro del Natale che Verrà?” chiese Scrooge.


  Lo Spirito non rispose, ma indicò davanti a sé con il dito.


  “State per mostrarmi le ombre delle cose che ancora non sono e che un giorno potrebbero essere?”, incalzò Scrooge, “è così?”


  La parte superiore della veste si ritrasse per un istante nelle sue stesse pieghe, come se lo Spirito avesse chinato la testa. Questa fu la sola risposta che ottenne.


  Benché avesse fatto l’abitudine alla compagnia degli spettri, Scrooge era talmente intimorito da quella silenziosa presenza che gli cedettero le gambe, e quando si accinse a seguirla, si accorse di riuscire a malapena a reggersi in piedi. Lo Spettro se ne accorse e si arrestò per un istante, come se volesse dargli il tempo di riprendersi.


  Ma Scrooge era sempre più terrorizzato. Lo sconvolgeva, insieme a quel vago e indistinto senso di terrore, il sapere che dietro a quel sudario degli occhi sinistri lo stavano attentamente scrutando, mentre lui, anche impegnandosi al massimo, non era in grado di scorgere nient’altro che una mano spettrale e un'enorme massa nera.


  “Spettro del Futuro!” esclamò, “mi terrorizzate più di tutti gli altri spettri che mi hanno visitato. Ma poiché so che il vostro scopo ultimo è farmi del bene, e poiché spero di avere ancora un po’ di tempo a disposizione per diventare un uomo diverso da quello che sono stato, sono pronto a seguirvi, e a fare tesoro di quanto mi vorrete mostrare. Non intendete proprio rivolgermi la parola?”


  Non ebbe alcuna risposta. Il dito continuava a puntare diritto davanti a loro.


  “Guidatemi, allora!” disse Scrooge. “Conducetemi pure dove volete! Cala in fretta l'oscurità, e per me il tempo è prezioso, l’ho compreso. Guidatemi, Spirito!”


  Lo Spettro avanzò nel medesimo modo in cui era apparso, Scrooge lo seguiva mantenendosi nell’ombra proiettata dalla sua figura, dove pensava si sarebbe mosso.


  Sembrò quasi che non fossero loro a essere penetrati nella città; ma che la città stessa, di sua iniziativa, si fosse mossa venendogli incontro da ogni lato. Ed eccoli lì, proprio in centro, alla Borsa dei Cambi, tra i mercanti indaffarati che facevano tintinnare le monete nelle tasche, riuniti in gruppetti, interrogando gli orologi, trastullandosi coi loro grandi sigilli d'oro, come così spesso li aveva visti fare.


  Lo Spirito si arrestò davanti a un gruppetto di uomini d’affari. Notando che la sua mano era puntata verso di loro, Scrooge si avvicinò per ascoltare quello che stavano dicendo.


  “No,” disse un grassone con il mento enorme, “in ogni caso, non ne so un granché. So solo che è morto.”


  “Quando?” chiese un altro.


  “Ieri notte, credo."


  “Come è potuto accadere?” domandò un terzo, estraendo un’abbondante presa di tabacco dall'enorme tabacchiera. “Pensavo fosse eterno.”


  “E chi lo sa,” disse il primo, con uno sbadiglio.


  “Che ne ha fatto del suo patrimonio?” chiese un gentiluomo paonazzo con una pendula escrescenza sulla punta del naso che ballonzolava come i barbigli di un tacchino.


  “Non ne ho la minima idea,” disse l’uomo con il grande mento, sempre sbadigliando. “L’avrà lasciato in eredità alla società. A me, di certo, non l’ha lasciato, questo è poco ma sicuro.”


  La battuta fu accolta da una risata generale.


  “Credo che sarà un funerale molto modesto,” disse il medesimo interlocutore, “per quanto ne so, non credo ci sarà molta gente. E se ci andassimo noi di nostra iniziativa?”


  “Per me non c’è nessun problema, purché ci sia qualcosa da mettere sotti i denti,” osservò quello con l’escrescenza sul naso.


  Un’altra risata.


  “Be’, alla fine io sono il più disenteressato fra i presenti,” disse il primo oratore, “dato che non è mia abitudine portare i guanti neri e fare spuntini fuori orario. Ma mi offro di andare comunque se qualcun vorrà unirsi. A pensarci bene, potrei essere stato proprio io il suo miglior amico, visto che quando ci incontravamo per strada ci fermavamo sempre a scambiare due chiacchiere. Vi saluto!”


  Oratori e spettatori si allontanarono in ordine sparso, e si mescolarono agli altri capannelli. Scrooge conosceva quegli uomini e guardò lo Spettro in cerca di spiegazioni.


  Lo Spettro si spostò sopra un’altra strada. Il suo dito indicava ora due uomini che si stavano incontrando. Scrooge tese di nuovo l'orecchio sperando che in loro avrebbe trovato la risposta.


  Conosceva perfettamente anche quei due. Erano uomini d’affari, molto ricchi e molto importanti. Ci aveva sempre tenuto a godere della loro stima, per questioni squisitamente professionali, esclusivamente professionali.


“Come state?” disse uno.


  “Come state?” gli fece eco l’altro.


  “Bene!” disse il primo. “Alla fine quel Vecchio Demonio ha avuto la sua parte, eh?”


  “Così sembra,” rispose il secondo. “Freschetto, eh?”


  “È sempre così sotto Natale. Per caso andate sui pattini?”


  “Per carità, ho altre cose a cui pensare. Buona giornata!”


  Non una parola di più. Quello fu il loro incontro, la loro conversazione, il loro commiato.


  Scrooge all'inizio rimase un poco sorpreso nel vedere che lo Spirito sembrava soffermarsi su conversazioni all’apparenza così di poco conto; ma dicendosi certo che dovevano celare qualche significato nascosto, si mise a riflettere su quale mai potesse essere. Difficilmente si sarebbe potuto pensare che fosse legato alla morte di Jacob, il suo vecchio socio, perché lui apparteneva già al Passato, mentre il dominio di quello Spettro era il Futuro. Né gli veniva in mente nessuno che avesse un qualche rapporto con lui. Ma non nutrendo alcun dubbio sul fatto che a chiunque fossero riferite quelle parole dovevano avere senz’altro una morale nascosta e per di più utile al suo percorso, si decise di far tesoro di tutto quel che udiva e vedeva, e soprattutto a osservare attentamente l’ombra di sé stesso appena fosse spuntata all’orizzonte. Si aspettava infatti che avrebbe ricavato qualche maggior indizio dalla condotta del suo sé stesso futuro, facilitando in questo modo la soluzione dell’enigma.


  Si guardò intorno posando lo sguardo sopra un certo angolino in cui soleva ritirarsi dopo il lavoro, in cerca della sua immagine; ma un altro uomo era seduto nel posto in cui era solito sedersi, e benché l’orologio indicasse l’orario in cui per abitudine si trovava lì, non vide nessuno che potesse somigliargli nella moltitudine di gente che si riversava nella locanda attraverso il porticato. In ogni modo non ne fu particolarmente sorpreso, poiché nella sua mente sapeva che era in corso un qualche cambiamento, e pensò e sperò che ciò fosse dovuto alle nuove decisioni che aveva preso nel frattempo.


  Silenzioso e tetro, lo Spettro continuava a stare ritto al suo fianco con la mano protesa. Quando Scrooge distolse l’attenzione da quella sua accurata ricerca ebbe l’impressione, dall’inclinazione della mano e dalla posizione che aveva assunto, che quegli Occhi Invisibili lo stessero attentamente scrutando, la qual cosa lo fece rabbrividire, e sentì un gran freddo.


  Lasciarono quel luogo così trafficato ed entrarono in una zona più buia della città, dove Scrooge non aveva mai osato mettere piede pur conoscendone esattamente la fama e l'ubicazione. Le vie erano sporche e anguste, le botteghe e le case miserabili, le persone seminude, ubriache, con gli abiti laceri e strappati. Vicoli e anfratti, come tanti pozzi neri, riversavano sulle stradine sconnesse i loro oltraggiosi miasmi, il loro lerciume, le loro vite, e l’intero quartiere trasudava di crimine, di sporcizia e di povertà.


  Nel fondo di quel covo di ignominose frequentazioni, sotto una tettoia sporgente, c’era una bottega bassa e buia dove si vendevano ferraglie, vecchi stracci, bottiglie, ossa e untuose frattaglie. Sul pavimento, al suo interno, erano impilati mucchi di chiodi, chiavi arrugginite, catene, cardini, lime, bilance, pesi e avanzi di ferro di ogni genere. Segreti inconfessabili che in pochi avrebbero voluto riportare alla luce si celavano tra quelle montagne di stracci indecorosi, tra quegli ammassi di grasso in putrefazione e sepolcri d’ossa. Seduto in mezzo alla sua mercanzia, accanto a una stufa a carbone fatta di vecchi mattoni, un furfante dai capelli grigi, sulla settantina, si riparava dall’aria gelida dell’esterno dietro delle tende ricavate da un mucchio di luridi stracci appesi a una corda, fumando una pipa e godendosi il lusso di quel suo tranquillo posticino.


  Scrooge e lo Spettro gli giunsero davanti proprio nel momento esatto in cui una donna, con un pesante fagotto sulle spalle, si stava introducendo nel negozio. Aveva appena varcato la soglia che un’altra donna, anche lei con un fagotto in spalla, entrò subito dopo, seguita da un uomo con un abito nero sbiadito, che non fu meno sorpreso di vederle di quanto non fossero già sorpresi di conoscersi tutti e tre vicendevolmente. Dopo un breve momento di stupore, in cui anche il vecchio con la pipa si era unito alla stupefazione generale, tutti e tre scoppiarono in una grande risata.


  “Prima la donna delle pulizie!” urlò quella che era entrata per prima. “Seconda la lavandaia, terzo il becchino. Guarda un po' che combinazione, vecchio Joe! Ritrovarci tutti qui senza esserci dati appuntamento!”


  “Non potevate scegliere posto migliore!” rispose il vecchio Joe, togliendosi la pipa di bocca. “Sistemiamoci in salotto. Tu già lo frequenti da un pezzo, e anche gli altri mi sembrano delle vecchie conoscenze. Fermi lì, chiudo la porta del negozio. Ah, come cigola! In tutto il negozio non c’è pezzo di ferraglia più arrugginito di questi cardini, e di sicuro non ci sono ossa più malandate delle mie. Ah ah! Siamo proprio una bella combriccola, proprio un bell’assortimento. Venite in salotto, venite.”


  Il salotto era lo spazio che si trovava dietro il paravento fatto di stracci. Il vecchio smosse il fuoco con un vecchio fermatappeto e avendo smoccolato la sua fumosa candela (perché era notte) con il cannello della pipa, se la rimise in bocca.


  Mentre era così impegnato, la donna che era arrivata per prima gettò il suo fagotto sul pavimento e si sedette orgogliosa su uno sgabello, puntando i gomiti sulle ginocchia e fissando gli altri due con aria di sfida.


  “Be', che c’è? Che c'è da guardare, signora Dilber?” disse la donna. “Ognuno ha ben il diritto di fare i propri interessi. Dopotutto lui se li è sempre fatti!”


  “Proprio così!” disse la lavandaia. “Nessuno più di lui.”


  “E allora, donna, non restartene lì impalata a fissarmi impaurita, ho torto o ragione? Non staremo mica qui a farci le pulci a vicenda, spero.”


  “Certo che no!” dissero all’unisono la signora Dilber e l’uomo. “Speriamo proprio di no!”


  “Benissimo, allora!” gridò la donna. “Basta così. Chi volete che si preoccupi per un paio di cianfrusaglie come queste? Di certo non un morto, no?”


  “Lui no di certo,” disse la signora Dilber, ridendo.


  “Se voleva tenersele da morto, quel dannato vecchio spilorcio,” proseguì la donna, “avrebbe dovuto comportarsi meglio quando era in vita, se l’avesse fatto, ci sarebbe stato qualcuno con lui quando sarebbe arrivata la sua ora, invece di restarsene là disteso a tirare le cuoia solo come un cane.”


  “Le migliori parole che si sarebbero potute dire,” rispose la signora Dilber. “È stata la sua giusta punizione.”


  “Vorrei che ne avesse avuta una ben peggiore,” replicò la donna. “E sarebbe andata di certo così, potete star sicuri, se avessi avuto il tempo di arraffare qualcos’altro. Apri il fagotto, vecchio Joe, e dimmi quanto vale. Non fare complimenti. Non ho paura di essere la prima e che gli altri vedano pure quel che c’è dentro. Lo sapevamo tutti che si saremmo fatti i nostri interessi, ancora prima di ritrovarci qui. Non c’è niente di male. Apri il fagotto, Joe.”


  Ma la galanteria dei suoi compari non glielo permise, e l’uomo con l’abito nero sbiadito, passandole davanti, mostrò il suo bottino per primo. Non era un granché: uno o due sigilli, un portamatite, un paio di gemelli da polso e una spilla di poco conto, tutto qui. Vennero attentamente e separatamente esaminati dal vecchio Joe, che annotò col gesso sul muro la somma che era disposto a sborsare per i singoli articoli, tirando una riga quando capì che non c'era nient'altro da aggiungere.


  “Questo è il totale,” disse Joe, “e non scucirei mezzo scellino di più, nemmeno se mi bollissero vivo. A chi tocca?”


  Era il turno della signora Dilber. Lenzuola e asciugamani, qualche vestito, due antiquati cucchiaini da tè in argento, un paio di pinze da zucchero e degli stivali. Il suo totale venne segnato sul muro allo stesso modo.


  “Sono sempre troppo generoso con le signore. È una mia debolezza, e anche la mia rovina,” disse il vecchio Joe. “Questo è il tuo totale. Ma se mi se hai qualcosa da dire mi pentirò di essere stato così magnanimo e ti toglierò dal conto mezzo scellino.”


  “E adesso apri il mio, Joe,” disse la donna che era entrata per prima.


  Joe si inginocchiò per facilitare l’operazione, e dopo aver sciolto una gran quantità di nodi, ne tirò fuori un grosso e pesante rotolo di stoffa scura.


  “Non saranno per caso…”, disse Joe. “Tendine da letto?”


  “Ah!”, replicò la donna, ridendo e chinandosi in avanti a braccia conserte. “Tendine da letto!”


  “Non vorrai mica dire che le hai strappate con tutti gli anelli, con lui ancora steso là sopra?” disse Joe.


  “Sì, proprio così,” rispose la donna. “E allora?”


  “Sei proprio nata per gli affari,” disse Joe, “farai fortuna.”


  “Sicuramente non me ne sto con le mani in mano se posso arraffare qualcosa, specialmente a una persona come lui, ne puoi star sicuro, Joe,” replicò freddamente la donna. “Occhio a non far cadere l’olio sulle coperte.”


  “Le sue coperte?” chiese Joe.


  “E di chi altri, sennò?” rispose la donna. “Direi che è assai improbabile che a questo punto possa sentire freddo.”


  “Non sarà mica morto di qualche malattia contagiosa, eh?” disse il vecchio Joe, interrompendo la sua ispezione e sollevando gli occhi.


  “Non preoccuparti,” ribatté la donna. “Se fosse stato contagioso non gli avrei gironzolato intorno solo per quella roba. Ah! Questa camicia la puoi girare e rigirare e non ci troverai un buco che sia uno, e neanche un angolino rovinato. È la migliore che aveva, ed è pure elegante. L’avrebbero sprecata se non fosse stato per me.”


  “In che senso sprecata?” chiese il vecchio Joe.


  “Di sicuro facendogliela mettere per il suo funerale,” rispose la donna con una risata. “Qualcuno è stato tanto idiota da farlo, ma io gliel’ho tolta subito. È fin troppo lusso il calicò per un morto come lui [calicò, una fibra di cotone piuttosto economica che fece la fortuna della tessitura inglese in epoca vittoriana, dal nome della città indiana di Calicut]. Tanto, più brutto di com’era con quella addosso di certo non potrà sembrare.”


  Scrooge ascoltava la conversazione inorridito. Mentre sedevano attorno al loro bottino, alla fioca luce della lampada del vecchio, li guardava con odio e disgusto, quasi si fosse trovato in presenza di osceni demoni intenti a spartirsi un cadavere.


  “Ah, Ah!,” rise la stessa donna quando il vecchio Joe, tirando fuori un sacco di flanella con dentro dei soldi, contò per terra le spettanze di ognuno. "Visto com’è andata a finire? Ha mandato tutti a quel paese da vivo giusto per farci guadagnare a noi da morto! Ah, ah, ah!”


  “Spirito!” disse Scrooge, rabbrividendo dalla testa ai piedi. “Ho capito, ho capito. Il caso di questo infelice potrebbe assomigliare al mio. La mia vita punta nella stessa direzione. Bontà divina, cos’è questo!”


  Indietreggiò terrorizzato, poiché la scena era mutata e in quel momento si trovava nei pressi di un letto - un letto spoglio, senza tendine, su cui, sotto un lacero lenzuolo, giaceva qualcosa di coperto che, benché muto, preannunciava qualcosa di orribile.


  La stanza era molto buia, troppo buia per essere osservata con chiarezza, sebbene Scrooge, mosso da un oscuro presentimento, si guardava intorno con una certa apprensione cercando di capire in che posto si trovasse. Una pallida luce, proveniente da fuori, cadeva direttamente sul letto dove giaceva, saccheggiato e depredato, senza veglia e compianto, il corpo di un uomo.


  Scrooge lanciò un’occhiata allo Spettro. La sua mano ferma puntava la testa del morto. Il lenzuolo era stato sistemato così malamente che il minimo gesto, il semplice tocco di un dito di Scrooge, ne avrebbe potuto scoprire il volto. Ci pensò, percepì quanto sarebbe stato facile e quanto volesse farlo, ma non gli riuscì, più di quanto non gli riuscisse di allontanare lo spettro al suo fianco.


  Oh fredda, gelida, impassibile, terribile Morte, erigi qui il tuo altare e riempilo di tutti gli orrori di cui sei capace, poiché questo è il tuo dominio! Ma se quella testa fosse stata amata, rispettata, onorata, non un capello avresti potuto torcerle per i tuoi orribili scopi, né renderne odiosa una sola fattezza. Non importa che ora quella mano sia pesante e cada a terra senza vita; non importa che il cuore e il polso abbiano smesso di battere; quel che importa è che quella mano un tempo fu generosamente e autenticamente aperta; e il cuore coraggioso, caldo, amichevole; e il polso quello di un uomo. Colpisci, Ombra, colpisci! E osserva le sue buone azioni spillare dalla ferita per spargere nel mondo i suoi semi di vita immortale!


  Nessuno pronunciò queste parole alle orecchie di Scrooge, ma egli in qualche modo le udì mentre fissava il letto. Pensò: se quell’uomo fosse stato riportato in vita proprio in quell'istante, quali sarebbero stati i suoi primi pensieri? Avarizia, loschi affari, ingordigia? Bel guadagno ne avrebbe tratto!


  Egli giaceva in quella casa buia e vuota, senza nessuno, uomo, donna o bambino, che avesse mai detto 'quella volta è stato buono con me', e in ricordo di quella bontà adesso si trovasse lì per restituirgliela. Un gatto grattava alla porta e si sentivano dei topi che rosicchiavano qualcosa sotto la pietra del focolare. Che cosa cercassero, quelle creature, in quella stanza di morte, e perché mai si stessero dando tanto da fare, Scrooge non osava chiederselo.


  “Spirito!”, disse, “questo luogo è orribile. Andiamocene, e di sicuro terrò mente la sua lezione, potete starne certo. Ma ora andiamocene!”


  Lo Spettro continuava a indicare col dito quella testa immobile.


  “Vi capisco,” ribatté Scrooge, “e lo farei se ne fossi capace. Ma non ci riesco, Spirito. Non ci riesco.”


  Di nuovo parve che lo Spirito gettasse il suo sguardo sopra di lui.

“Se c’è una sola persona in tutta la città che che piange per la morte di quest’uomo,” disse Scrooge al colmo della disperazione, “mostratemelo, Spirito, ve ne scongiuro!”


  Lo Spettro dispiegò per un istante il suo oscuro sudario, come un’ala; e, ritirandolo, rivelò una stanza illuminata a giorno, dove si trovavano una madre e i suoi bambini.


  Stava aspettando qualcuno, e con una certa trepidazione; andava su e giù per la stanza, sobbalzando a ogni rumore, guardando fuori dalla finestra, fissando l’orologio, provando invano a lavorare a maglia, e sopportando a fatica le voci dei bambini che stavano giocando.


  Infine si udì il bussare tanto atteso. Si affrettò alla porta incontrando il marito, un uomo dal volto invecchiato e stanco nonostante la sua giovane età. Vi era dipinta un’espressione singolare, una sorta di trattenuta contentezza di cui pure si vergognava e che cercava di nascondere.


  Si sedette per consumare il pasto che gli era stato lasciato da parte accanto al fuoco, e quando lei gli chiese a bassa voce quali fossero le novità (non prima di essere rimasta lungamente in silenzio), parve quasi imbarazzato nel risponderle.


  “Buone o cattive?” disse lei, per aiutarlo nel compito.


  “Cattive,” rispose.


  “Siamo quasi rovinati?”


  “No. C’è ancora speranza, Caroline.”


  “Se lui ha mostrato un po' di pietà,” disse sorpresa la moglie, “allora sì! Niente è perduto, forse è accaduto il miracolo.”


  “Ormai non può più mostrare niente,” disse il marito. “È morto.”


  A giudicare dal suo viso, ella doveva essere una dolce e amorevole creatura; ma in cuor suo fu felice di sentirlo, e lo confessò, giungendo le mani. Poi, pentendosi, chiese subito perdono, ma fu il suo cuore a parlare per primo.


  “Alla fine, quel che mi aveva detto quella mezza ubriacona di cui ti ho parlato ieri sera quando ho cercato di vederlo per la proroga di una settimana, e che pensavo fosse solo un pretesto per non incontrarmi, era la verità. Non solo era molto malato, ma era proprio in punto di morte.”


  “E a chi verrà trasferito ora il nostro debito?”


  “Non saprei. Ma prima di allora avremo trovato i soldi, e se così non fosse, sarebbe davvero una sfortuna incontrarne uno altrettanto spietato. Stanotte possiamo dormire sonni tranquilli, Caroline!”


  Sì. Per quanto si sforzassero di smorzare l’entusiasmo, i loro cuori erano certamente più leggeri. I volti dei bambini, silenti e radunati per ascoltare quel poco che potevano comprendere di quella conversazione, si erano illuminati, e la casa era più felice dopo la morte di quell’uomo! Sicchè l’unica reazione che lo Spettro riuscì a mostrargli legata a quella morte fu di gioia e di contentezza.


  “Mostratemi qualcuno che piange una morte,” disse Scrooge; “o quella buia stanza che abbiano appena lasciato me la porterò per sempre con me.”


  Lo Spettro lo condusse attraverso parecchie viuzze a lui familiari; e mentre procedevano Scrooge guardava da una parte all’altra in cerca di sé stesso, ma non gli riuscì di scorgersi in nessun luogo. Entrarono nella casa del povero Bob Cratchit - nell’abitazione che aveva già visitato in precedenza - e trovarono madre e figli seduti accanto al fuoco.


  Erano silenziosi. Molto silenziosi. I piccoli chiassosi Cratchit stavano immobili come statuine in un angolo, seduti a guardare Peter, che teneva un libro davanti a sé. La madre e le figlie erano impegnate a cucire. Ma erano tutti troppo silenziosi!


  “Ed Egli chiamò a sé un bambino, e lo pose in mezzo a loro.” [Matteo, 18,2]


  Dove le aveva già sentite, Scrooge, queste parole? Non se le era di certo sognate. Il ragazzo doveva averle lette ad alta voce, mentre lui e lo Spirito avevano varcato la soglia. Perché ora non proseguiva?


  La madre posò il lavoro sul tavolo e si passò la mano sul volto.


  “Il colore,” disse, “mi fa male agli occhi.” [il colore è il nero degli abiti da lutto]


  Il colore? Ah, povero Tiny Tim!


  “Ora va meglio,” disse la moglie di Cratchit. “La luce della candela mi affatica gli occhi; e per niente al mondo voglio mostrare a tuo padre, quando sarà di ritorno, che ho gli occhi affaticati. Dovrebbe essere quasi ora, ormai.”


  “È già passata,” rispose Peter, chiudendo il suo libro. “Ma credo che ultimamente cammini un po’ meno spedito del solito, mamma.”


  Ritornarono a essere molto silenziosi. Lei infine disse, con voce ferma e allegra, che vacillò solo per un istante: “Mi ricordo che quando camminava con… che quando camminava con Tiny Tim sulle spalle era velocissimo.”


  “Anch’io me lo ricordo,” esclamò Peter. “Succedeva spesso.”


  “Anch’io!”, gridò un altro. E poi tutti gli altri in coro.


  “Ma lui era molto leggero da portare in spalla,” riprese lei intenta al suo lavoro, “e suo padre lo adorava così tanto che non gli era di nessun fastidio - proprio nessuno. Ecco che è tornato vostro padre!”


  Si precipitò fuori per andargli incontro; e il piccolo Bob con la sua sciarpa - ne aveva proprio bisogno, poveretto - entrò. Il suo tè era pronto sul fuoco e tutti fecero a gara per servirlo. Poi i due piccoli Cratchit gli montarono sulle ginocchia e gli accostarono ciascuno una piccola guancia sul volto, come a dire: “Non ti preoccupare, papà. Non essere triste!”


  Bob fu molto affettuoso con loro, e parlò allegramente rivolto alla famiglia. Guardò il lavoro di cucito che era sul tavolo e lodò la laboriosità e la rapidità della signora Cratchit e delle ragazze. Disse che di quel passo avrebbero finito ben prima di domenica.


  “Domenica! Allora oggi ci sei passato, Robert?”


  “Sì, cara,” rispose Bob. “Avrei voluto che ci fossi anche tu. Ti avrebbe fatto bene vedere com’è verde quel posto. Ma avrai occasione di vederlo. Ho promesso che si saremo passati una di queste domeniche. Il mio piccolo, piccolo bambino!” pianse. “Il mio piccolo bambino!”


  Ebbe un crollo improvviso. Non riuscì a trattenersi. Ma se si fosse trattenuto, lui e il suo bambino si sarebbero allontanati ancora di più, più di quanto non lo fossero già in quel momento.


  Uscì dalla stanza e salì le scale per andare nella cameretta di sopra, che era gioiosamente illuminata e addobbata per le feste di Natale. C’era una sedia accanto al bambino, e qualcosa indicava che qualcuno vi si era seduto di recente. Il povero Bob si sedette, e dopo un breve momento di raccoglimento, baciò il piccolo sul viso. Si era fatto una ragione di quanto era accaduto e tornò di sotto abbastanza sereno.


  Si raccolsero intorno al fuoco e iniziarono a chiacchierare; le ragazze e la madre ancora intente al lavoro. Bob raccontò della straordinaria cortesia del nipote del signor Scrooge, che aveva a malapena visto una sola volta, e che nell’incontrarlo per strada, quel giorno, e avendo notato che era un po’ giù - “Solo un po’ giù, sapete,” disse Bob -, gli aveva chiesto che cosa avesse. “Al che,” disse Bob “visto è considerato che è un vero gentiluomo, il più cortese che abbia mai incontrato, gliel’ho detto. ‘Sono molto dispiaciuto, con tutto il cuore, signor Cratchit’, mi ha risposo lui, ‘e sono profondamente addolorato per la vostra cara moglie.’ Per inciso, come lo sapesse, proprio non riesco a spiegarmelo.”


  “Sapere che cosa, caro?”


  “Che sei una cara moglie,” replicò Bob.


  “Tutti sanno che lo sei!” disse Peter.


  “Ben detto, ragazzo mio!” esclamò Bob. “Proprio così. ‘Profondamente addolorato’, ha detto, ‘per la vostra cara moglie’. ‘Se c’è qualcosa cosa che posso fare per voi’, ha aggiunto porgendomi il suo biglietto da visita, ‘qui è dove vivo. Vi prego, venite a trovarmi’. Non era tanto per quello che avrebbe potuto fare”, esclamò Bob, “era più per quei suoi modi gentili. Sembrava davvero che avesse conosciuto il nostro Tiny Tim, e che stesse soffrendo insieme a noi.”


  “Dev’essere proprio una brava persona!” disse la signora Cratchit.


  “Se l’avessi visto e gli avessi parlato di persona, cara,” riprese Bob, “ne saresti ancora più convinta. Non mi sorprenderebbe - e ricordati bene le mie parole - se riuscisse a trovare qualcosa di meglio per il nostro Peter.”


  “Hai sentito, Peter?” disse la signora Cratchit.


  “E poi,” esclamò una delle ragazze, “Peter si troverà una fidanzata e se ne andrà a vivere per conto suo.”


  “Ma piantala!” ribatté Peter, sorridendo.


  “Può darsi,” disse Bob, “prima o poi accadrà, ma per questo ci sarà tempo, tesoro mio. Ma indipendentemente da come e quando ci allontaneremo l’uno dall’altro, sono sicuro che nessuno di noi si dimenticherà del povero Tiny Tim, vero? O perlomeno di questo allontanamento forzato che abbiamo dovuto patire.”


  “Mai, papà!” gridarono tutti in coro.


  “E io so,” disse Bob, “io so, miei cari, che quando ricorderemo quanto fosse dolce e paziente anche se era solo così piccino, non perderemo tempo a litigare fra di noi per questioni di poco conto, perché se capitasse vorrebbe dire che abbiamo dimenticato il povero Tiny Tim.”


  “No, papà, mai!” ripeterono tutti.


  “Sono così felice,” disse il gracile Bob, “così felice!”


  La signora Cratchit lo baciò, lo baciarono le figlie, lo baciarono i due piccoli Cratchit, e con Peter si strinsero la mano. Spirito di Tiny Tim, la tua fanciullesca essenza era un dono del Signore!


  “Spettro,” disse Scrooge, “qualcosa mi dice che si avvicina il momento di lasciarci. Lo so, anche se non capisco come faccio a saperlo. Ditemi, chi era l’uomo che giaceva morto in quel letto?”


  Lo Spettro del Natale che Verrà lo condusse, come aveva fatto in precedenza - sebbene, pensò, in tempi diversi; infatti non sembrava esservi un preciso ordine temporale in quelle ultime visioni, se non che erano collocate tutte nel futuro - nei luoghi frequentati da uomini d'affari, ma non gli mostrò mai il suo sé stesso. In effetti lo Spirito continuava ad avanzare senza fermarsi, come se fosse diretto a una meta precisa, finché Scrooge non lo pregò di fermarsi per un istante.


  “Quel cortile,” disse Scrooge, “dove stiamo arrivando, è il posto in cui lavoro, ormai da molto tempo. Lo vedo, vedo l’edificio. Permettetemi di guardare come sarò in futuro.”


  Lo Spirito si arrestò; ma la mano puntava in un’altra direzione.


  “L’ufficio è quello laggiù,” esclamò Scrooge, “perché state indicando da un'altra parte?”


  L’inesorabile dito non cambiò direzione.


  Scrooge corse alla finestra del suo ufficio e guardò dentro. Era ancora un ufficio, ma non era più il suo. L’arredamento era cambiato e la figura seduta non era lui. Lo Spettro continuava a indicare quell'altra direzione.


  Di nuovo si riattaccò allo Spirito, e chiedendosi perché il suo sé stesso futuro se ne fosse andato, e dove, giunsero insieme davanti a un cancello di ferro. Prima di entrare, si diede un’occhiata intorno.


  Un cimitero. Qui, dunque, il poveretto di cui ora avrebbe conosciuto il nome, giaceva sotterrato. Era un posto da ricchi. Murato da abitazioni, invaso da erba ed erbacce, la rigogliosa vegetazione della morte, non quella della vita; soffocato da troppe sepolture, che lo avevano ingrassato fino a scoppiare. Davvero un posto da ricchi!


  Lo Spirito si arrestò tra le lapidi, e ne indicò Una, in basso. Lui vi si avvicinò, tremante. Lo Spettro era quello di sempre, ma temeva ora di scorgere un nuovo significato in quel suo severo contegno.


  “Prima di avvicinarmi alla lapide che state indicando,” disse Scrooge, “rispondete a una mia domanda. Queste sono le ombre di ciò che sarà o soltanto di ciò che potrebbe essere?”


  Lo Spettro continuava a indicare la lapide in basso.


  “Certi percorsi degli uomini mostrano già dove vogliono condurre, dove, se ci si ostina, dovranno per forza andare a finire,” disse Scrooge. “Ma se ci allontaniamo da quei percorsi, anche i finali possono cambiare. Ditemi che è così, ditemelo, anche per queste visioni che mi state ora mostrando!”


  Lo Spirito era impassibile, come sempre.


  Scrooge gli strisciò accanto, avanzando tremante, e seguendo il dito lesse sulla lapide di quel sepolcro abbandonato il proprio nome: EBENIZER SCROOGE.


  “Sono dunque io quell’uomo che giaceva morto nel letto?” urlò piegato sulle ginocchia.


  Il dito si mosse dalla tomba verso di lui, e poi di nuovo da lui verso la tomba.


  “No, Spirito! Oh no, no!”


  Il dito non si mosse.


  “Spirito!” gridò aggrappandosi alla sua veste, “Ascoltatemi! Non sono più quello di prima. Non sarò più quello che sarei dovuto essere prima di avervi incontrato. Perché ora mi mostrate tutto questo se per me non c’è più speranza?”


  Per la prima volta la mano sembrò vacillare.


  “Buon Spirito,” proseguì prostrato a terra, “la vostra bontà vi porta a fare qualcosa, ad avere pietà di me. Ditemi che cambiando vita potrò ancora mutare le ombre che mi avete mostrato!”


  La mano, intenerita a quelle parole, cominciò a scuotersi.


  “Onorerò il Natale dal profondo del mio cuore, e cercherò di viverne lo spirito tutto l’anno. Vivrò nel Passato, nel Presente, nel Futuro. Tutti e tre gli Spiriti albergheranno dentro di me. Farò tesoro dei loro insegnamenti. Oh, ditemi che posso cancellare la scritta su questa lapide!”


  Al colmo dell’angoscia, afferrò la mano dello Spettro. Egli cercò di divincolarsi, ma Scrooge era fermo nella sua supplica, e riuscì a trattenerla. Lo Spirito, dando un ultimo strattone, si liberò.


  Alzando le mani giunte in un’ultima implorazione, pregando di poter mutare il corso degli eventi futuri, vide che il suo cappuccio e la sua veste si stavano trasformando. Lo Spettro si rimpicciolì, afflosciandosi, e si restrinse assumendo la forma in una colonnina da letto.